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Spid, Poggiani: "Venezia già pronta, ecco i servizi disponibili"

La direttrice di Venis a CorCom: "Da aprile via alle iscrizioni scolastiche. Da giugno sarà la volta dei tributi comunali". E sullo switch off: "Per alcune prestazioni essenziali potrebbe essere la chiave di volta"

 

Venezia si prepara alla rivoluzione Spid. Il Comune, insieme a Firenze, è uno di quelli già in grado di erogare servizi accessibili tramite identità digitale. A raccontare come sia stato possibile organizzarsi in tempi rapidi è Alessandra Poggiani, direttrice generale di Venis Spa, la in house del Comune.

Poggiani, come si è preparata l’amministrazione a realizzare il progetto Spid?

Il Comune di Venezia, con la sottoscrizione del 3 marzo della convenzione con l’Agenzia per l’Italia Digitale, è la prima amministrazione locale ad aver aderito formalmente a Spid. Le attività tecniche per l'adozione del sistema sono state affidate a Venis che gestisce il sistema informativo e di telecomunicazioni comunale.

I servizi sono già attivi?

Lo saranno a partire da aprile quando sarà possibile l’accesso tramite identità digitale ai servizi scolastici: iscrizioni Asili Nido, iscrizioni Scuole dell’Infanzia, iscrizione al servizio di Trasporto Scolastico. Sarà possibile anche l’accesso gratuito alla rete wi-fi cittadina VeniceConnected. A giugno, poi, il Comune metterà a disposizione i servizi tributari quali: Sportello Telematico Tributi Imu - Tari -Tasi, visualizzazione delle pratiche edilizie e notifiche sullo stato di avanzamento, Sportello Telematico Imposta di Soggiorno, Sportello del Trasportatore.

Sapete già quando tutte le prestazioni saranno accessibili via Spid?

Contiamo di farlo entro la fine del 2016.

A suo avviso quale può essere la chiave del successo di Spid, in un Paese dove il livello di alfabetizzazione IT è abbastanza basso rispetto alla media Ue?

Molto dipende dalla rilevanza dei servizi messi a disposizione. È chiaro che se un Comune rende accessibili solo servizi poco utilizzati – il cambio di residenza, ad esempio, si fa al massimo due tre volte nella vita – il progetto faticherà a decollare prima e a diffondersi poi. Se invece, come ha scelto di fare il Comune di Venezia, si rendono disponibili da subito servizi “massivi”, come sono quelli scolastici oppure tributari, sarà più agevole creare quel “networking effect” per il quale più prestazione ci sono, più pin verranno richiesti; più credenziali Spid verranno richieste da cittadini e imprese, più le PA saranno portate a digitalizzare i servizi.

Uno switch off potrebbe aiutare?

Per alcuni servizi – almeno quelli più diffusi – sarebbe più che utile. D’altronde lo racconta la storia: quando Inps e Agenzia delle Entrate, in passato, hanno spento l’accesso analogico ai servizi il successo è stato evidente. Altro driver sarà l’ingresso dei privati nel progetto Spid: con l’adesione di banche oppure società di trasporti, ad esempio, sarà più semplice determinare un uso massivo del sistema. C’è poi il tema della sensibilizzazione degli utenti…

Cosa servirebbe?

Campagne di comunicazione che spieghino al cittadino perché è più conveniente farsi un’identità digitale piuttosto che fruire dei servizi allo sportello. Comunque, sia per lo switch off sia per le strategie di sensibilizzazione, serve un forte intervento delle amministrazioni e anche l’elaborazione di policy nazionali ad hoc. E la riforma della PA va proprio in questa direzione.

C’è un ampio dibattito sul costo di Spid. Il pin sarà gratuito per i primi due anni, ma per il dopo ancora non si sa nulla: quanto costerà e se costerà. Lei che idea si è fatta?

L’Italia diversamente da altri paesi ha scelto un modello di apertura al privato per quanto riguarda gli identity provider. E’ evidente che l’investimento necessario presuppone una certa solidità del soggetto e un business model che ne possa valorizzare le esternalità - non certo il pagamento di una fee da parte dei cittadini per qualcosa che in altri contesti – penso a social network, grandi portali di e-commerce, banking online - ottengono gratuitamente.  I soggetti di mercato che vogliano partecipare al sistema come identity provider hanno molte altre leve per valorizzare il loro investimento: l’aumento di traffico, il reach potenziale, l’upselling o cross-selling di altri servizi. Uno degli assunti dell’economia digitale è il cosiddetto network effect, ovvero che la creazione di valore dipende dal numero di soggetti che usano lo stesso bene o servizio. E’ ora che impariamo a giocare su questo campo anche in Italia.

 

Federica Meta
corrierecomunicazioni.it